domenica 31 agosto 2008

SUCCO DI GIBBONE MAGREBINO....

A casa di roy non si gettava mai nulla. Le cocce di patata e i resti delle carcasse di quadrupedi non meglio definiti, fritte nello stesso grasso di foca utilizzato per lucidare i suoi stivali, divenivano il piatto clou delle sue frequenti cene di beneficenza. Ciononostante la gente si guardava bene dal non presenziare ai suoi simposi e fare offerte in favore di cause umanitarie quantomeno dubbie. L’ultima in ordine di tempo era una raccolta fondi per un istituto Afgano da sempre attivo nello studio della psicologia delle folle Sahariane.
La mattina del 12 ottobre si rivelò presto una giornata epocale. Nel suo cortile, Roy nascondeva da tempo decine di zolle di terreno verde rubate ai vicini. Le aveva inumidite con un unguento a base di larve, interiora di civetta ed estratto liofilizzato di sottoprodotti derivanti dalle zampette di cervizzina. Da sempre i consigli dello zio Don Paiscimiento si rivelavano miracolosi quando era sul punto di ricevere nuovi ospiti in odore di santità – non doveva fare altro che tirare fuori dal baule i sacchetti neri pieni di sacchetti rossi pieni di altri sacchetti neri e chiedere ai suoi ospiti di aprirli e inserirvi le zolle in ordine sparso non prima di aver pregato ai piedi di una statua della circe piumata al ritmo di habanere rumbe e cha cha cha. L’abominevole puzzo delle larve putrefatte faceva il resto. Vittime di improvvisi svenimenti gli avventori venivano derubati di tutto, anche della vita.
A casa di roy non si gettava nulla. E quel 12 ottobre ancora meno. Alle 19 sarebbero arrivate molte persone a ravvivare la nuova cena di beneficenza in favore di un centro culturale pakistano che produceva piedini di lana per canìdi facocero, animali che a detta di molti risultavano essenziali per la difesa del popolo pakistano dall’attacco delle temibili foche crasse. Dalle urne mignatta sparse per il salone ancora fuoriuscivano frammenti di costole umane e carcasse di crisocioni pelosi, che nella loro immobilità incutevano un timone anche maggiore a quello provato da roy nel 66 quando in quel di Trevi Ciacolino si ritrovò improvvisamente a difendersi da un plotone traballante di mugnaie kamikaze unte con succo di gibbone magrebino e ubriache di rabbia e follia. In una folle corsa contro il tempo roy liberò il salone da tutte le cianfrusaglie in meno di mezz’ora. Gli restavano 50 minuti per spolpare, tritare, rosolare e condire i resti seviziati e sanguinolenti dei tre malcapitati di prima. Era in queste occasioni che apprezzava quel genio umano che ci aveva tutti avvicinati alle infinite possibilità di cottura di un micro-onde. Roy d’altro canto ben sapeva i problemi di cottura della carne umana nelle padelle di zinco e/o alluminio.
Davanti ai due corpi stesi su una tavolozza in osso Roy rimase per un poco silente. D’un tratto prese i coltelli piu affilati dal cassetto alla sua sinistra affilandoli uno contro l’altro.
“certo che di questi tempi è difficile poter convincere gli altri sui piaceri e benefici della caccia..” - disse a mezza bocca - “c’è il rischio di essere incornati da cervi e bufali, decapitati a morsi dalle tigri, squartati dagli artigli delle aquile” – nel pronunciare quelle parole quasi non si rese conto di aver compiuto tutto questo sui corpi delle sue vittime. “Meglio di quanto pensassi, non mi resta che spellarli…anzi no! che si fottano gli ospiti”. Prese di peso i pezzi di carne e li getto di peso nel microonde, non prima di averli conditi con spezie, olio di pesce per toglierne l’odore dolciastro e tanto aglio......

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